Perché una coppia d’ingegneri decide di mettersi a fare il vino?
Un bel giorno, Roberta e Gianluca Zitti, acquistano un appezzamento di terra nella campagna di Montecassiano. L’idea è di costruirci una casa sostenibile, in legno, rispondente a tutti i canoni del massimo rispetto per l’ambiente. Fatto il progetto, l’abitazione si costruisce rapidamente. Avanza della terra: cosa farci? Gianluca conosce bene il vino: è un appassionato, un intenditore e quindi perché non diventare viticoltore? Ma bere un bicchiere di vino è una cosa; farlo è ben diverso. Ma ciò può essere un ostacolo? Giammai! Si trovano gli amici col giusto sapere, parenti con le attrezzature adatte e poi si prende contatto con dei tecnici, degli enologi e si parte, imparando, carpendo le conoscenze e i metodi. Così nel 2015 si piantano le prime vigne e nel 2017 si fa la prima vendemmia: poche centinaia di bottiglie con etichette che sono dei piccoli capolavori e richiamano il nome della cantina e le suggestioni che l’hanno generato. L’idea è di fare vini più naturali e sinceri possibili, maneggiati lo stretto necessario. Il cemento è troppo chimico, l’acciaio troppo freddo, il legno aggiunge aromi, sapori e tannini che sono estranei all’uva. Le popolazioni antiche, gli egizi, i greci, gli etruschi e più vicino a noi i romani, vinificavano, affinavano, conservavano e trasportavano addirittura il vino in anfore di terracotta: è l’uovo di Colombo; la terracotta è porosa quanto basta da permettere l’affinamento per ossidazione, è neutra e non trasferisce odori e sapori. La terracotta rispetta la tradizione e permette l’innovazione, lascia la possibilità di avere visioni anche folli (cit) ed esalta l’identità e le caratteristiche del vino. Allora che terracotta sia: ma questo tipo di vinificazione richiede molta abnegazione, valorizza l’importanza del lavoro tra i filari, del trattamento della materia prima che ha bisogno di cure continue perché tutto ciò che entra nell’anfora deve essere perfetto. Dal montepulciano passando per il merlot e il cabernet franc nascono i rossi e i rosati; acquisito un nuovo appezzamento di terreno con viti di quarant’anni si vinificano i bianchi dalla malvasia, maceratino, trebbiano e verdicchio. Poi le bollicine, ottenute col metodo ancestrale, solo con fermentazione naturale da lieviti indigeni senza nessun coadiuvante. Due vini dolci: la visciola e l’unico a passare in botte per ovvi motivi, un passito di montepulciano. La vendemmia del 2019 tocca le quattromila bottiglie. I vini sorprendono: la loro torbidità (non sono filtrati o chiarificati) non lascia indovinare le sfumature di colore. La mancanza di tannini, soprattutto nei rossi, di primo acchito sembra togliere loro un elemento fondamentale ma poi, lascia posto ai sapori primari tipici di ogni vitigno e a una mineralità più sottintesa che effettivamente percepita. Si sente il rispetto per la terra, il lavoro, l’accoglienza, la condivisione.
Per questo vale la pena andare in questa cantina: – La vita è troppo breve per bere vini mediocri – ci ricorda il sito. (www.lalapreelaluna.it). E’ anche vero che per capire un vino, bisogna conoscere le mani che lo lavorano e le teste che lo pensano; fondamentale comprendere il territorio dove nascono: appena sotto la casa di Gianluca e Roberta, le viti si stendono nella valle. A est s’intravvede il monte Conéro e man mano che si lascia galleggiare lo sguardo verso occidente sui colori del tramonto, compaiono i Sibillini e lontani i monti della Laga. Un piccolo paradiso in terra.