Era il 19 ottobre 1920 quando Beniamino Gigli si imbarcò da Buenos Aires per raggiungere la città di New York su invito di Giulio Gatti Casazza per cantare al Metropolitan.
La presenza in Argentina del 1920 era iniziata il 14 Giugno con debutto al teatro Municipal di Buenos Aires con la Gioconda e successivamente nelle più grandi città dell’Argentina con Tosca, Lohengrin, Bohème, Lorely, Iris, Francesca da Rimini, Mefistofele e concerti anche di beneficienza con grande successo di pubblico e critica.
Dopo due settimane dalla partenza, il piroscafo arrivò a New York; Gigli era molto nervoso in quanto il contratto con il Metropolitan era di appena due mesi.
Il 4 novembre 1920 incontrò il tenore Enrico Caruso che disegnò a matita il ritratto di questo giovane tenore marchigiano.
Il 21 novembre, Giulio Gatti Casazza, ancora prima del debutto, chiamò Beniamino Gigli per aggiungere altri tre mesi al suo contratto; lo stesso Enrico Caruso gli inviò un messaggio di congratulazioni e sul “Dispatch” si legge “un tenore dal nome strano si porta a fianco di Caruso”!!!
Finalmente il 26 novembre 1920, Gigli debutta al Metropolitan con il Mefistofele di E.Boito diretto dal maestro Moranzoni ottenendo un grande successo.
Tutta la stampa Newyorkese uscì il giorno successivo al debutto con giudizi ampiamente elogiativi; molti i riferimenti alla somiglianza con il giovane Caruso e al fatto che nessun tenore al Metropolitan aveva cantato come lui dopo Caruso. Scendono in campo i migliori nomi della critica: James Gibbons Huneker sul New York World, H.E. Krehbiel sul New York Tribune, Richard Aldrich sul New York Times, Max Smith sul New York American, Silvester Rawling sul New York Evening World, Henry T. Tinck sul New York Evening Post e molti altri.
New York Herald Tribune scrive “Quanto a Faust, un altro nuovo tenore della compagnia ha fatto la sua apparizione, Beniamino Gigli. Si tratta di un tenore italiano ma non di un principiante con una voce di eccellente qualità, che assai di rado forzava, così fresca e ricca di colore che gli permetteva di cantare non senza raffinatezza e stile. Egli era evidentemente a suo agio nella parte e mostrava sicurezza sulla scena. Evering Mail scrive :”la voce è di tenore lirico di particolare calore e morbidità nel registro mediano, notevole nella bellezza del timbro, rimarcabilmente elastica, squisita nella mezza voce, esuberante nelle emissioni a gola spiegata. La sua voce è una delle più belle di tal genere che a New York sia mai stata udita dopo l’avvento di Caruso, la drammatica intensità, la vitalità emotiva e la espressività che informano il suo canto sono più notevoli e caratteristiche ancora”.
“Sicuro ed imperturbabile, Gigli cantò le sue frasi di apertura sulle nevi dell’inverno che dileguano al dolce sole di primavera. Non è un passaggio difficile; è situato nel mezzo dell’arco vocale e non si spinge né troppo in alto, né troppo in basso. Dopo 16 misure, Faust viene interrotto dalla folla che ritorna per danzare sulla piazza del villaggio. Ma questo era bastato. New York, sapeva che un nuovo astro era nato. Gigli scriverà nelle sue memorie “alla fine ebbi 34 acclamazioni, 34 volte venni chiamato alla ribalta”.
Il suo successo fu la chiave d’oro che gli aprì la cassaforte della poderosa Impresa. Il suo contratto fu riconfermato e per oltre un decennio ebbe l’onore e l’onere di aprire le stagioni al Metropolitan con i più grandi successi dell’opera lirica.