Che il mondo della cultura abbia abbandonato il suo ruolo di critica al potere già lo sapevamo, ma la recente intervista a Galimberti, andata in onda su La7 l’11 novembre per il programma Atlantide, ci ha confermato se non l’assoluto declino del ruolo storico della filosofia, perlomeno quello inesorabile dei filosofi accademici. Come una Miley Cyrus qualsiasi, come un Piero Pelù o un Vasco Rossi, come una delle tante star hollywoodiane al servizio del progressismo scientista più acritico (e interessato), le quali abbiamo visto sgolarsi per Greta e contro Trump, quello che è uno dei più noti filosofi italiani si è prodotto in una reprimenda del dissenso, dello spirito critico, del ribellismo al sistema, che manco da una acida e zitella professoressa di liceo, stanca e prossima alla pensione, ci saremmo aspettati. Ritengo che questa intervista sia una dei fatti più gravi e rivelatori ai quali ci sia dato di assistere e ve lo dimostrerò.
Innanzitutto Galimberti è caduto nella più elementare delle trappole del silenziamento del dissenso: la generalizzazione. Sotto il termine di “negazionisti” si è lasciato mettere di tutto dall’interlocutore, da chi non accetta le narrazioni ufficiali evidenziandone le contraddizioni, a chi critica l’obbligo vaccinale, a chi non accetta la vulgata sull’11 Settembre. Avrebbe potuto fare dei distinguo il professore, invece non li ha fatti e colpevolmente. Tutti quanti dentro, allora, al calderone dei pazzi, degli irrazionali, dei deliranti, di quelli che seguono la pancia e non la ragione, dei malati di mente che è impossibile far rinsavire. Gente, insomma, con la quale è inutile parlare, esattamente come i fascisti, quando gli altri si premurano di affibbiare questo appellativo a casaccio a chi non la pensa come loro. Loro che invece sono i giusti, i buoni, gli eletti.
Eppure qualche voce dissonante c’era stata: da Agamben a Chomsky, fino anche a Cacciari, qualche “pensatore” aveva provato in qualche modo a denudare la narrazione unilaterale della pandemia. Ma Galimberti no. Egli è rimasto talmente diritto sul solco tracciato che è incappato inesorabilmente in una serie di contraddizioni, assurdità, illogicità e perfino in certe scelte storico-filosofiche quantomeno fuoriluogo.
Partiamo da quest’ultime: Galimberti tira in ballo Heidegger, accostandolo a Freud, in quanto i due avrebbero dato una simile definizione dell’angoscia. Galimberti dice che i due non si conoscevano né si erano letti. Diamo per buono che Galimberti si riferisca al momento della stesura della definizione in questione, poiché invece i due si conoscevano benissimo da ben prima dei seminari di Zollikon degli anni ’60, come dimostrano le lettere di Martin alla moglie e i Quaderni Neri. Da quest’ultimi riporto un passo, a proposito, che la dice tutta sul giudizio di Heidegger sulla psicanalisi, che Galimberti utilizza per spiegare il complottismo da Covid: “Non ci si dovrebbe eccessivamente indignare della psicoanalisi dell’ebreo Freud, se e fintanto che non si potrà affatto pensare diversamente di ogni cosa e persona invece che come se tutto fosse un’espressione della vita e se si conducesse agli istinti e allo svanire di essi. Questo modo di pensare che fin dal principio non ammette affatto alcun essere, è il puro nichilismo” (Quaderni Neri 1939/1941, ed. it.,pag. 282). Tutta la vita intellettuale di Heidegger è una lotta contro lo psicologismo materialista, tanto che dal suo “Essere e tempo” nascerà la psicologia umanista antifreudiana. Aver tirato in ballo Heidegger in questa tiritera contro il complottismo è, come dicevamo, strano e poco azzeccato, visto che invece il filosofo di Messkirch è il primo a spendersi contro l’irregimentazione del pensiero e la pratica comune della falsificazione della storia e della realtà da parte dei detentori del potere. Solo a titolo di esempio riporto questo passo di Heidegger, tratto dai Quaderni Neri 1942/1948, che, pur non riferendosi ovviamente al Covid, spiega di esso molto più di quanto non facciano Crisanti, Burioni e Galli insieme: “E se tutto questo scrivere e parlare di colpa, inscenato in modo tanto artificioso, fosse una facciata che viene innalzata dinanzi ad una volontà che ci esclude dalla sua verità? […] non si deve giustificare quel modo di agire che da tali circostanze trae vantaggi politici […] anche questa è una conseguenza della tecnica che regna nascostamente”. Ma allora perché Heidegger? Lo scopriamo alla fine dell’intervista e la motivazione non è delle più nobili. La lettura che del filosofo tedesco viene proposta è incredibilmente limitata: un totale ed acritico appoggio alla tecnica, che suona tanto di avallo al comitato tecnico scientifico e ai soloni dell’Oms. La critica alla tecnica e alla modernità è invece la cifra che distacca Heidegger da Junger e da altri esponenti della Rivoluzione Conservatrice degli inizi.
Ma andiamo al sodo, lasciando questi dettagli storico-filosofici per addentrarci in ciò che tocca tutti direttamente. Galimberti inizia criticando coloro che paragonano l’emergenza Covid a una guerra perché, dice, in guerra “si ha un nemico di fronte” e qui no. Ora, la concezione di guerra che ha Galimberti è ingenua e anacronistica, poiché la guerra moderna si fa con l’informazione, le rivoluzioni colorate, l’aggressione economico-finanziaria, le sanzioni, lo sfruttamento di gruppi preesistenti infiltrandoli, i servizi segreti… Galimberti forse è rimasto alla guerra con le lance?
Il fatto, secondo Galimberti, è che l’angoscia fa delirare e che quindi “i negazionisti sono dei deliranti”. Ma se i negazionisti sono quelli che individuano un nemico preciso, come in guerra, e anche come in una guerra moderna, ovvero quella elite mondialista che conosciamo bene, a quel punto la loro non è più angoscia (che non ha un oggetto), semmai paura (che lo ha), e quindi non dovrebbero delirare. Siamo difronte quindi ad una macroscopica contraddizione logica di Galimberti, il quale però potrebbe ribattere che questo oggetto sarebbe proprio la costruzione del delirio, al che noi opporremmo che tale oggetto è preesistente nella visione di questi complottisti alla questione Covid e tutto cadrebbe. I galimbertiani dovrebbero a quel punto sostenere che è proprio la forma mentis di tali persone ad essere costruita così, posizione che, proprio come ogni prodotto delirante, non può essere scalfita dalle migliaia di esempi, citazioni, dichiarazioni, che a supporto dell’esistenza di questo oggetto potremmo presentar loro.
Secondo Galimberti appartenere al gruppo dei negazionisti determina “una sorta di tranquillità, una forma non produttiva di contenere l’angoscia”. Questo è il succo del discorso di Galimberti e di tutti quelli che la pensano come lui: il negazionista o il complottista (usiamo per comodità questi termini eteroprodotti che sarebbero ovviamente da rigettare) partecipano a gruppi per essere rassicurati. Uhm… e invece tutti gli altri che partecipano al macrogruppo dei giornali bufalari, dei telegiornali di regime, coloro che la pensano come tutti, non lo farebbero per essere rassicurati? Interessante teoria. Cioè, Galimberti mi vuol far credere che colui il quale, essendo parte di una minoranza screditata ed attaccata, bannata, cancellata, censurata, che deve quindi lottare anche solo per poter parlare, dovrebbe essere più a suo agio e rassicurato di uno che invece pende dalle labbra di Conte mentre legge l’ultimo Dpcm illegittimo o di quelle di Burioni da Fazio?
Ma poi, lo ribadisco per la millesima volta, il termine “negazionista”, che cosa ci dice? Quelli che sono accusati di essere negazionisti potrebbero accusare di negazionismo i loro dirimpettai, ad esempio dicendo che sono negazionisti dell’esistenza di una volontà elitaria che sfrutta i popoli nascondendosi dietro una facciata liberaldemocratica, gestendo l’emissione monetaria e condizionando l’opinione pubblica. E’ ovvio che la discriminante è essere in maggioranza o in minoranza. Il negazionista è solo quello che sta dalla parte di quelli che sono di meno in quel momento. Questo non è garanzia di nulla, per quanto riguarda il luogo ove si pone la verità tra i due contendenti, altrimenti Galilei, che era considerato un negazionista delle verità bibliche, sostenute dalla maggioranza, avrebbe dovuto aver torto.
Appartenere a un gruppo consente, a me complottista e negazionista di “depotenziare questo timore”, dice Galimberti, mentre invece il macrogruppo dell’ “andrà tutto bene”, de “il vaccino ci salverà”, de “la colpa è del runner” quello no, non serve a compattare i cacasotto. Logico, no?
Proseguiamo. In una carrellata di supposti negazionismi il programma di La7 si scaglia contro i contrari all’obbligo vaccinale e si mostra perfino, a dimostrazione del delirio che vorrebbero suggerire, una manifestante freevax esporre un cartello con su scritto “La libertà personale è inviolabile, art.13 della costituzione”. Strano negazionismo quello che cita la costituzione. Il conduttore Purgatori si chiede come mai si accettino i benefici della scienza ma di fronte al vaccino ci sia un rifiuto. Beh, bisognerebbe fargli sapere che esiste un dibattito secolare sui confini e i limiti della scienza, esistono strategie, il “cavalcare la tigre” è solo una di queste, che suggeriscono comportamenti di convivenza critica con lo strapotere della tecnica. Secondo loro dovrei vivere per forza in un mondo dominato dalla scienza senza potermene uscire e per giunta, come quello che se lo taglia per far dispetto alla moglie, non usufruire, selettivamente, neanche di quegli oggetti con i quali sono costretto a convivere? Galimberti sottolinea a proposito che “tutti gli interventi sanitari sono interventi che mettono angoscia” e questa angoscia se non provocata “elimina la razionalità”. E la libertà personale? E la scelta delle cure? E il consenso informato? E la convenzione di Oviedo? E la biopolitica? Su tutto questo, come un Mentana qualsiasi, Galimberti fa scena muta. Quindi se io non accetto di farmi iniettare una sostanza ma esercito la mia razionalità, andando a fare un’analisi costi/benefici, a leggere il bugiardino, a rilevare contraddizioni, a guardare i precedenti penali e le condanne della casa farmaceutica che produce il coso che mi si obbliga ad iniettarmi, avrei eliminato la mia razionalità? A me sembra esattamente il contrario.
Ma veniamo all’11 Settembre. L’intervistatore Purgatori dice che il sospetto sulla narrazione ufficiale sull’attacco nasce dal fatto che “non era possibile che gli Stati Uniti fossero stati attaccati in quel modo, ecco allora che io cerco di inventarmi che dietro ci sia una cospirazione”. Sorridiamo. Il sospetto nasce dalla caduta in verticale di un altro edificio che non è stato neanche sfiorato dagli aerei, dal ritrovamento dei documenti intatti dei dirottatori, dalle dichiarazioni sulle esplosioni, da un documento redatto da migliaia di ingegneri, ma questo non può essere detto su La7. E qui Galimberti si supera. La sua spiegazione della nascita del complottismo sull’11 Settembre è questa: innazitutto la colpa è dei filoarabi. Cioè secondo lui chi non ha abboccato alle cazzate delle torri gemelle è filoarabo e quindi è portato a non dare la colpa a quella parte politico-religiosa. Ma poi, continua, la colpa è della politica che è “magistrale” nell’uso del linguaggio “nella forma del negazionismo”. E porta degli esempi sacrosanti: guerre che vengono chiamate missioni di pace, deportazioni che vengono chiamate trasferimenti e via dicendo. Sta parlando della fialetta di Colin Powell? Delle dichiarazioni di Tony Blair? Di cosa? Praticamente vorrebbe confutare chi non crede alla narrazione del governo americano sull’11 Settembre portando ad esempio episodi in cui tale governo ha mentito spudoratamente per i propri comodi? Sarà la vecchiaia Galimberti…
E poi la trasmissione, come da copione debunkerista, va su Qanon, come quando da Kalergi i miei detrattori in panne vanno automaticamente sui Protocolli. Mescolare tutto va sempre bene, quando non si sa cosa dire.
Ma andiamo avanti con l’analisi: secondo Galimberti “la politica sfrutta le frange estreme, irrazionali” e questo vale per il sostegno dei Qanonisti a Trump (roba da pochi voti e zero danni) ma non per quello dei BLM ai progressisti. Ho l’impressione che qui servirebbe un corso di logica base. Secondo “il filosofo” è così che nasce la violenza politica, contro gli ebrei , gli omosessuali, i transgender, poiché “tutto ciò che è diverso viene classificato come deviante”… ma sta parlando di come il main stream definisce e odia quelli che chiama complottisti o mi sto sbagliando io? No, sta parlando di Salvini ovviamente, come si scopre subito dopo, che ha la colpa di essere un politico che avalla queste posizioni. Inutile sarebbe fargli notare quanti politici progressisti hanno avallato guerre basate su menzogne, ci hanno distrutto con bugie sull’impossibilità di emettere moneta per sostenere il sociale, quando oggi invece si creano dal nulla centinaia di miliardi per emergenza covid, monopattini e banchi a rotelle. Questo è grave perché Salvini viene creduto in quanto leader. Certo, mentre invece chi parla urbi et orbi in diretta facebook in mascherina, per togliersela magari subito dopo il collegamento, in una personalizzazione della politica che non si era mai vista dai tempi del duce, esautorando la funzione del parlamento, quello no, non sta abusando della creduloneria dei cittadini!. Altro che ripasso di logica servirebbe.
Ma qui viene la chicca: l’attacco al populismo che fa leva sul ribellismo che “ciascuno di noi ha dentro di sé… ma che in alcuni viene contenuta con la ragione e in altri esplode”. Quindi il ribelle è il male ed è l’irrazionale. Strano, ci avevano detto a scuola che la rivoluzione americana, poi quella francese, poi il risorgimento, poi il bolscevismo erano giusti e sacrosanti… come mai invece oggi, di fronte a questi governi di merda, dovremmo essere “razionali”, inteso ovviamente come “proni”? Dove sta scritto che essere ribelli significa essere irrazionali? Il ribelle, e Junger ne sa qualcosa, non è un ultras che vuole semplicemente fare casino, ma un individuo che ha indagato, razionalmente, la natura del potere ed intende denunciarlo e rovesciarlo. Non poteva mancare un attacco ai social, colpevoli non di veicolare il pensiero ma emozioni viscerali le quali, dunque, è giusto che vadano censurate da chi invece utilizza i social nel modo giusto, come ad esempio avviene evidentemente nei gruppi delle bimbe di Conte o in medical Facts di Burioni. Lì chi offende e augura la morte agli “antivaccinisti” non lo fa per moti viscerali. Li’ no, quelle sono posizioni meditate e legittime.
Il bello è che poi Galimberti ci dice che occorrerebbe far studiare la filosofia alle elementari per insegnare ai bambini a ragionare, ovvero a “mettere in questione le proprie idee per vedere se sono fondate”. Un po’ difficile farlo se nella scuola non c’è spazio per le idee che hanno una provenienza diversa da quella che il sistema approva, dove queste anzi vengono combattute e chi le propone, proprio per operare quella riflessione pluralistica, viene colpito e sanzionato. Evidentemente l’alunno deve abituarsi a verificare esclusivamente se le proprie idee sono confermate dal libro di testo o dalle parole del professore, il quale è quasi sempre allineato e quando non lo è ha le mani legate. Se il professore è come Galimberti stanno freschi questi alunni! Siamo al rovesciamento della verità, oltre che della filosofia.
“Il negazionismo, guardato clinicamente, è una forma di pazzia”, ci spiega Galimberti. Ma negazionismo di quali posizioni, di quali fonti, delle parole di quali scienziati? Chi li seleziona? Chi esclude gli altri? E secondo il giudizio di quale approccio clinico, di quali giudici? Questa è follia, Galimberti, anche se non lo dice Freud, che lei porta a modello nonostante il secolo di fallimenti, bugie ed errori macroscopici della psicanalisi! In tre frasi Galimberti fa piazza pulita di tutto l’idealismo, dell’empirismo humiano, delle basi dell’epistemologia, in nome della “parete bianca” incontrovertibile che viene negata da chi la vede rossa. Sostanzialmente chi non accetta la narrazione convenzionale ed ufficiale si trova, per “il filosofo”, in una condizione psicotica. Quindi guai a criticare Crisanti o Ranieri Guerra, perché potremmo essere sbattuti in clinica con un T.S.O e chi si è visto si è visto.
Il discorso, manco a dirlo, si sposta quindi sulla persecuzione degli ebrei e sul negazionismo dell’olocausto, che guai a chiamarlo revisionismo come si dovrebbe eh, altrimenti si rischia di far capire qualcosa all’ascoltatore. Ed ecco allora, immancabile, il servizio sulla Shoah. Qui, come sapete, ci è impossibile pronunciarci, diciamo solo che si arriva alla colpevolizzazione del popolo tedesco in generale. Nessun accenno ovviamente da parte di Galimberti al ruolo della tecnica, dell’oggettività e della scienza, finora osannate, per quanto riguarda la sorta degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
L’intervista-incubo, che chiaramente è stata preparata nel dettaglio, come dimostra il sincronismo tra le parole del filosofo e i servizi video, finisce con la promozione del libro di Galimberti, condita da banalità su Heidegger, il quale viene considerato un “ottimo filosofo ma un pessimo uomo” e soprattutto “un uomo politicamente sprovveduto” perché, parole di Galimberti, “viveva in un rifugio in cima a una montagna e scriveva a lume di candela”. Osservazione, quest’ultima, semplicemente ridicola, poiché dovrebbero considerarsi uomini politicamente sprovveduti una marea di filosofi del passato. Succede di dire simile castronerie quando si vuol difendere l’indifendibile. Ragazzi, non ascoltate i filosofi di regime.