L’associazione Iustitia in Veritate e il Movimento Politico Cattolico Italia Cristiana denunciano con preoccupazione i numerosi attacchi mediatici perpetrati negli ultimi mesi a danno di sacerdoti che, nell’esercizio del proprio ministero e in piena conformità alla dottrina cattolica, sostengono e difendono i principi non negoziabili.
La tecnica usata è spesso sempre la stessa: si estrapolano alcuni passaggi delle omelie in cui vengono condannate pratiche contrarie al diritto naturale come aborto ed eutanasia, e ideologia gender e divorzio, per usarli come esempio di non allineamento alla tesi contraria.
Il fatto che ormai sia pratica diffusa rendere disponibili su internet i video delle Sante Messe ha agevolato il compito di questi “difensori” del pensiero unico – presentato come obbligatorio per tutti -, alla ricerca di potenziali dissidenti da consegnare alla gogna.
La dinamica è già stata sperimentata con gli abusi perpetrati contro l’esercizio del culto e della libertà religiosa durante la prima fase di restrizioni imposte dalla normativa emergenziale; ma mentre allora solerti delatori sollecitavano le forze dell’ordine ad intervenire interrompendo le liturgie, multando e disperdendo i fedeli, in questa nuova fase le spie del politicamente corretto segnalano alcuni passaggi delle omelie per consentire ai produttori dei format televisivi l’allestimento del relativo teatrino per il linciaggio mediatico.
Di solito poi si segue un copione che prevede l’invio di una troupe sul posto per intervistare figuranti già istruiti e, ovviamente, il sacerdote reo, allo scopo di esporlo alla pubblica denigrazione operata con ulteriori tagli ad arte delle parole usate durante il collegamento per suscitare indignazione e indurlo a ritrattare.
È esattamente quanto accaduto nella trasmissione di Barbara d’Urso lo scorso 25 novembre, quando ha aggiunto al banco degli imputati, cui già aveva trascinato don Andrea Leonesi di Macerata e don Mario Martinengo di Cremona, don Bruno Borelli, sacerdote della parrocchia di San Maurizio ad Erba.
La conduttrice della trasmissione, con arroganza tanto insopportabile, quanto ridicola per la manifesta ignoranza, ha impartito a don Bruno lezioni di catechismo, invitandolo – se proprio non avesse potuto evitare di predicare la dottrina cattolica – di farlo almeno nella sua cameretta e non in chiesa, dall’altare, dove potrebbe arrecare turbamento alle anime più delicate (per farsi un’idea del processo popolare allestito su questa trasmissione da TV trash è consigliabile la lettura del bell’articolo di Andrea Zambrano https://lanuovabq.it/it/lomelia-la-decide-la-durso-prete-alla-gogna-se-parla-di-gay-e-aborto ).
Iustitia in Veritate, nata a sostegno dei sacerdoti e dei fedeli che hanno subìto gravissimi abusi durante il periodo della sospensione delle Messe col popolo, ha assunto la tutela di don Bruno Borelli e sta valutando, assieme a Italia Cristiana, i risvolti legali e canonici di un’incursione che non ha niente a che vedere col giornalismo, ma presenta elementi di violazione deontologica e della libertà di culto, a difesa dei cattolici contro lo sviamento della fede causato dai gravissimi errori propagandati pubblicamente.
È infine da rilevare come nonostante il DDL Zan – che prevede pesantissime sanzioni penali in caso di manifestazione di idee contrarie all’ideologia gender – non sia ancora legge, sia già in atto una pesante intimidazione contro chi non si allinea al pensiero unico in tema di omosessualità, avvalendosi dello strumento mediatico per screditare e tacitare ogni voce di dissenso.
Tutti i totalitarismi per affermarsi impongono leggi che annientino ogni possibile opposizione.
Oggi è più che mai necessario ricordarlo e ribadire l’estrema importanza di difendere la libertà di culto, di parola e di pensiero contro tale dittatura.