Non ce l’ha fatta Gigi Proietti. Se ne è andato anche lui, alle 5,30 di questa mattina, proprio nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Era stato ricoverato da qualche giorno nella clinica Villa Margherita di Roma e le sue condizioni ieri pomeriggio si erano aggravate per un problema cardiaco.
Lo hanno annunciato la moglie e le figlie.
Gigi Proietti era nato a Roma il 2 novembre 1940 ed è stato uno dei personaggi più importanti ed amati del teatro, della televisione, della radio e del cinema italiano. Poliedrico, era cabarettista, musicista, attore, show man, doppiatore. Ci mancherà infinitamente.
Faceva parte dell’immaginario collettivo di ognuno di noi con i suo personaggi indimenticabili a cui dava un’impronta inconfondibile: dal maresciallo Rocca con la sua rettitudine morale a Bruno Fioretti detto “Mandrake”, lo fortunato scommettitore di cavalli. E chi andava a teatro a vedere uno dei suoi meravigliosi spettacoli rimaneva rapito dalle sue interpretazioni, siano state esse comiche o tragiche.
Oltre trent’anni fa aveva assunto la Direzione del Teatro Brancaccio di Roma e aveva avviato un Laboratorio di Esercitazioni Sceniche da cui sono usciti grandi talenti come Enrico Brignano, Giorgio Tirabassi, Gabriele Cirilli, Flavio Insinna e molti altri.
Lo abbiamo amato tutti, non conosce generazioni la sua arte. Ognuno di noi, col passare del tempo ha imparato ad apprezzare un lato della sua arte. E ognuno di noi, ne sono certa, ha un pezzetto delle sue coinvolgenti rappresentazioni in un angolo del cuore.
Quando mio figlio, il più grande dei tre, aveva poco più di quattro o cinque anni, non ricordo bene, volle a tutti i costi andare a vederlo al Teatro alle Cave di Sirolo. Lo adorava e in particolare amava il suo personaggio del cantante romano alle prese con la lingua francese che proponeva una rivisitazione splendida della canzone “Ne me quitte Pas” di Jacques Brel che con lui era diventata “Nun me rompe er ca”. Ricordo uno spettacolo lungo in cui Gigi Proietti non si risparmiava e non faceva prendere fiato. Ebbene quella canzone, in scaletta, era proprio alla fine, ma mio figlio, pure stremato, non mollò e rimase fino all’ultimo applauso della platea, tanto era ipnotizzato dall’arte di quest’uomo.
E allora mi sento di salutarlo proprio così: Sai che ti dico Gigi? Questo 2020, che oggi t’ha portato via, c’ha proprio rotto er ca.
Ciao Gigi.

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